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Ambiente: ENEA testa tecnologia UV per rimozione microinquinanti dai depuratori
ENEA sta mettendo a punto a una tecnologia a luce ultravioletta (UV) per depurare le acque reflue da differenti tipologie di contaminanti come azoto, fosforo, batteri patogeni e microinquinanti emergenti, promuovendo al contempo un modello di gestione sostenibile in chiave di economia circolare. L’innovazione farà parte di un sistema composto da diverse soluzioni hi-tech, realizzate nell’ambito del progetto INTECH4WATER[1], finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, che coinvolge un ampio partenariato guidato dal laboratorio “Terra&Acqua Tech” del Tecnopolo dell’Università di Ferrara, con la partecipazione del Laboratorio ENEA per l’Ambiente (ENEA-LEA) del Tecnopolo di Bologna, CIRI-FRAME dell’Università di Bologna, ProAmbiente e Cnr- ISSMC di Faenza. I partner industriali sono HERA spa (sede di Ferrara), CIFO srl del gruppo Biolchim spa e Naturedulis srl.
Nell’ambito del progetto, il team ENEA-LEA testerà l’efficacia della tecnologia a luce UV in particolare per la rimozione dei microinquinanti emergenti dalle acque reflue; si tratta di molecole utilizzate per la produzione di alcuni farmaci come la carbamazepina (anticonvulsivante), la claritromicina (antibiotico), il diclofenac (antinfiammatorio), la levofloxacina e l’eritromicina (antibiotici) e di composti presenti nelle plastiche, come il bisfenolo A classificato come interferente endocrino, in grado di alterare il funzionamento del sistema ormonale anche a concentrazioni estremamente basse.
“In laboratorio abbiamo già iniziato a svolgere le prime attività di analisi e test di abbattimento degli inquinanti su soluzioni preparate da noi e su campioni di acque reflue prelevati dal depuratore HERA di Ferrara. E i primi test hanno dato un buon risultato soprattutto per la molecola del diclofenac, utilizzata come antinfiammatorio, con una percentuale di abbattimento superiore al 99%”, spiega Luigi Sciubba, referente ENEA per il progetto.
“Per l’analisi dei microinquinanti organici selezionati utilizzeremo un cromatografo liquido accoppiato a tre diversi rivelatori[2] di recente acquisizione e da poco installato presso il Centro Ricerche ENEA del Brasimone (Bologna); questo strumento ci permetterà di separare in modo molto efficiente le molecole contenute nel campione liquido e di analizzarle una ad una”, aggiunge Roberta Guzzinati, ricercatrice del Laboratorio ENEA-LEA.
I ricercatori ENEA si occuperanno anche del campionamento e dell’analisi delle microplastiche[3] presenti nelle acque di scarico. Per il campionamento verrà utilizzato uno strumento hi-tech ottimizzato proprio grazie a questo progetto; per l’analisi e per un primo conteggio, sarà impiegato uno stereomicroscopio che identificherà le particelle in base a dimensione, colore e forma. Infine, grazie a uno strumento basato sulla spettroscopia infrarossa (micro-FTIR) sarà possibile conoscere i legami e i gruppi funzionali delle particelle, discriminando tra polimeri plastici e altre molecole naturali come per esempio la cellulosa.
“Insieme a tutti i partner del progetto contribuiremo a rendere più efficiente la rimozione degli inquinanti più comuni, sia chimici che biologici, presenti nei depuratori municipali e nei processi industriali. Questo permetterà di garantire una qualità superiore delle acque, che potranno essere restituite ai corsi d’acqua naturali oppure riutilizzate per differenti utilizzi come l’irrigazione”, sottolinea Sciubba.
“Il nuovo processo di depurazione consentirà anche di recuperare biomasse microalgali utilizzabili come materie prime seconde per i fertilizzanti agricoli, i mangimi animali e la produzione di energia”, spiega Simonetta Pancaldi, professoressa dell’Università degli Studi di Ferrara e coordinatrice del progetto.
In generale, il progetto INTECH4WATER prevede la sperimentazione di quattro diverse tecnologie[4], che saranno testate in due fasi: prima singolarmente, su scala di laboratorio, e successivamente integrate in un unico sistema innovativo, sicuro e sostenibile, sulla base dei risultati ottenuti dalle singole prove. Tutte le fasi saranno supportate da analisi statistiche avanzate e affiancate da approfondite analisi chimiche, biologiche e microbiologiche.
“Il progetto è rivolto in particolare a realtà aziendali in cui la composizione dei reflui varia molto nel corso dell’anno, rendendo difficile affidarsi a una singola tecnologia di depurazione per garantire la qualità delle acque in uscita dagli impianti. Inoltre, punta a fornire gli strumenti necessari per adeguarsi alle novità introdotte dalla recente Direttiva UE 3019/2024[5] sul settore depurativo, che mira a proteggere l’ambiente e la salute umana secondo il principio integrato di One Health”, conclude Pancaldi.
Note
[1] INTECH4WATER - INtegrated TECHnologies for pollutants in (waste) WATERservices
[2] Diode Array Detector, fluorimetrico e spettrometro di massa
[3] Microplastiche dalle dimensioni comprese tra 1 e 5.000 micron
[4] Le tecnologie che verranno sperimentate sono: l’ozonizzazione, la degradazione mediante UV, i filtri ceramici/fotocatalitici/adsorbenti e le microalghe (quest’ultime in grado assorbire l’azoto e il fosforo per la produzione di biomassa sfruttabile come materia prima seconda per l’agricoltura biologica).
[5] Le principali novità della Direttiva EU 3019/2024 sono: entro il 2045 (con traguardi intermedi) gli Stati Membri dovranno garantire l’applicazione di un trattamento quaternario, ovvero dedicato alla rimozione di microinquinanti organici, negli impianti di depurazione che trattano più di 150.000 abitanti equivalenti (o più di 10.000 abitanti equivalenti, se ricadenti in aree sensibili); gli impianti di depurazione dovranno essere più efficienti, eliminando microinquinanti come farmaci, cosmetici e microplastiche (target 80%); le microalghe e altre soluzioni innovative potranno essere usate per assorbire nutrienti come azoto e fosforo e riutilizzarli; gli impianti dovranno diventare a impatto energetico zero entro il 2045, cioè produrre tutta l’energia che consumano; chi inquina paga: le aziende produttrici di sostanze inquinanti dovranno contribuire economicamente alla depurazione; si incoraggia il riutilizzo dell’acqua trattata, ad esempio per irrigare i campi, specialmente nelle zone colpite da siccità.