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Ambiente: dissesto geo-idrologico, da ENEA modelli innovativi per prevedere aree di propagazione ed impatti delle colate rapide

Un team di ricercatori dell’ENEA ha sviluppato un nuovo approccio per prevedere l’area di propagazione e l’intensità delle colate rapide, un particolare tipo di frane veloci altamente distruttivo, e sta testando nuove metodologie per stimarne le soglie di innesco in base al contenuto di acqua dei terreni di copertura[1]. Le innovazioni volte al la produzione di carte di pericolosità più dettagliate rispetto a quelle attualmente in uso, utili per la gestione delle allerte nei sistemi di protezione civile e la pianificazione territoriale, sono il risultato di oltre venti anni di studi geomorfologici sulle colate rapide condotti sul campo dai ricercatori ENEA; tra i più importanti, quelli a supporto della Protezione Civile a seguito dei fenomeni franosi del 2009 in Sicilia, dove sono stati eseguiti sopralluoghi, campagne d’indagini e studi scaturiti nella realizzazione di carte di pericolosità da frana[2], successivamente recepite all’interno del Piano Regolatore Generale di Messina del 2015.

Gli aspetti innovativi emersi da questi studi sono stati recentemente testati e ulteriormente sviluppati nell’ambito del progetto RAFAEL[3] per la previsione e gestione del rischio sulle infrastrutture critiche nel Sud Italia. In quest’ambito ENEA ha prodotto delle mappe di pericolosità alle colate rapide nei due bacini di Giampilieri e Briga (Messina), focalizzando l’attenzione in particolare sulla stima delle distanze di propagazione (runout) delle frane, sull’individuazione delle aree di propagazione, dove si determinano i maggiori danni, e sulla relativa intensità attesa, in termini di potenziale distruttivo. Il cuore del progetto è consistito nello sviluppo di un segmento di un sistema di supporto alle decisioni, basato su software GIS open source, che a partire dalle carte di suscettibilità all’innesco, produce le carte di propagazione delle frane previste. Specifici GIS tool consentono di automatizzare le elaborazioni in tempi velocissimi, nell’ordine di minuti, e le stime della pericolosità possono essere continuamente aggiornate sulla base dei dati pluviometrici provenienti dalla rete di monitoraggio nazionale.

“Le colate rapide (debris flows) sono fenomeni naturali sempre più pericolosi perché direttamente collegati sia all’intensificazione degli eventi estremi, connessa ai cambiamenti climatici, sia alla ubicazione di  molti insediamenti umani a ridosso di corsi d’acqua, ed anche allo spopolamento delle aree montane e quindi alla mancanza di opere puntuali di stabilizzazione dei versanti[4]”, sottolinea Claudio Puglisi del Laboratorio Tecnologie per la DInamica delle Strutture e la PREVenzione del rischio sismico e idrogeologico dell’ENEA. “Per questi motivi auspichiamo l’adozione sistematica di misure di mitigazione del rischio che, partendo dalle mappe di pericolosità prodotte, individuino le misure strutturali e non strutturali più idonee, tra cui scelte urbanistiche più resilienti, sistemi di allerta precoce e piani di Protezione Civile”.

La seconda innovazione consiste invece in un modello di bilancio idrologico del terreno di copertura in grado di stimare le soglie di innesco delle colate rapide, non solo in funzione delle piogge, ma anche in base al contenuto di acqua nella porzione superficiale del sottosuolo. Il metodo, in fase di implementazione e validazione nell’ambito di un accordo con la Regione Siciliana[5], consentirà di indagare con quale piovosità il terreno arriva alla saturazione e di conseguenza all’innesco di colate rapide. In cinque aree campione del territorio regionale messinese sono state installate delle stazioni di misura che registrano e trasmettono in remoto i dati di umidità del terreno di copertura (lisimetri), la sua temperatura a quattro differenti profondità, la pressione d’acqua ad una profondità di circa 1 metro (tensiometri) e le precipitazioni (pluviometri).

“A fronte dell’aumento in frequenza e intensità degli eventi estremi esacerbati dal cambiamento climatico e conclamati a livello scientifico, le colate rapide sono le frane più pericolose, su cui concentrare le nostre attenzioni. Per le loro caratteristiche intrinseche, quali velocità di innesco, dimensioni e rapidità, esse sfuggono ai sistemi di monitoraggio anche satellitari, utilissimi invece in caso di frane lente, e richiedono l’identificazione di soluzioni innovative su cui come ENEA stiamo lavorando da tempo”, spiega Luca Falconi, Laboratorio Tecnologie per la DInamica delle Strutture e la PREVenzione del rischio sismico e idrogeologico dell’ENEA.

La combinazione di entrambe le metodologie contribuirà anche a prevedere con maggior dettaglio la quantità di materiale di copertura confluente in alveo per distinte soglie d’innesco (sia pluviometriche, sia di contenuto d’acqua nel terreno di copertura), contribuendo anche alla stima della pericolosità delle inondazioni improvvise.

Cosa sono le colate rapide?

Le colate rapide sono un particolare tipo di frane veloci e altamente distruttive che si attivano su versanti di media pendenza, generalmente compresa tra 25° e 50°, in cui il materiale coinvolto è costituito esclusivamente dalla copertura (suolo, detrito, prodotti vulcanici, ecc.) che giace al di sopra del substrato roccioso. Il fattore di innesco principale è costituito da piogge intense che portano i terreni di copertura, scarsamente aderenti, alla saturazione, con conseguente fluidificazione e scorrimento con velocità di decine di chilometri orari, lungo la linea di massima pendenza del versante stesso. Il materiale di copertura durante ciascun fenomeno viene quasi completamente asportato, facendo sì che i successivi eventi pluviometrici attivino differenti tratti di versante.

Le colate rapide sono strettamente legate alle inondazioni improvvise (dette anche flash floods) e le interrelazioni esistenti possono amplificare significativamente la magnitudo dei due fenomeni. Eventi pluviometrici intensi possono innescare contemporaneamente inondazioni improvvise, con repentini aumenti delle portate di piccoli corsi d’acqua caratterizzati da una considerevole componente solida, e colate rapide che, innescatesi lungo i versanti del bacino, si propagano verso valle, confluendo molto spesso nella rete di drenaggio naturale. L’incremento della frazione solida accresce la capacità dei corsi d’acqua di trasportare blocchi di roccia anche di notevoli dimensioni, con conseguenze catastrofiche sulle infrastrutture trasversali (ponti, dotti, ecc.) o nel caso di tracimazione oltre gli argini. D’altra parte, l’erosione che il corso d’acqua produce alla base dei versanti durante tali eventi può innescare altre tipologie di fenomeni franosi che, riversandosi in alveo, autoalimentano il processo.

Cos’è il terreno di copertura?

I terreni di copertura sono costituiti dal materiale sciolto, non cementato e non consolidato come suolo, ossia detriti di roccia e ceneri vulcaniche, che si trova al di sopra del substrato roccioso. Generalmente si trova distribuito lungo i versanti con spessori maggiori verso il fondovalle (fino a diversi metri), mentre nelle porzioni più elevate tende a ridursi, lasciando spazio agli affioramenti del substrato.

Fotogallery

Per maggiori informazioni:

Claudio Puglisi,

Luca Falconi,

ENEA, Laboratorio Tecnologie per la DInamica delle Strutture e la PREVenzione del rischio sismico e idrogeologico

Note

[1] Materiale non cementato e non consolidato come suolo che si trova al di sopra dello strato di roccia

[2] Accordo di Programma ENEA-Comune di Messina per la “Valutazione della pericolosità da frana nel territorio Comunale di Messina” (2011-2013)

[3] System for Risk Analysis and Forecast for Critical Infrastructures in the AppenninEsdorsaL Regions - finanziato dal MUR (Progetti di Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale) e coordinato dall’ENEA con il Laboratorio per la Protezione delle Infrastrutture Critiche.

[4] Le misure di mitigazione del rischio da colata rapida strutturali sono volte alla riduzione della pericolosità e riguardano, ad esempio: riprofilatura di versanti, piantumazioni viminate, palificate, terrazzi a secco, drenaggi subsuperficiali e di canali di scolo.

[5] Accordo di collaborazione scientifica tra ENEA e la Regione Siciliana (Presidenza della Regione - Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia)

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