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Agroalimentare: da ENEA soluzioni innovative e ‘trappole’ intelligenti contro gli insetti alieni
Sistemi di monitoraggio innovativi e trappole intelligenti per proteggere la frutticoltura del Lazio dagli attacchi di parassiti come la cimice asiatica. È quanto hanno messo a punto i ricercatori di ENEA e CREA nell’ambito del progetto Simodrofila[1], che vede tra i partner la Società Agricola Colle Difesa (capofila), la Fondazione per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione (FOSAN) e diverse aziende agricole della parte di Sabina in provincia di Roma.
“Uno dei pilastri del progetto è il monitoraggio territoriale georeferenziato, che consente la mappatura in tempo reale delle infestazioni”, spiega Maurizio Calvitti, ricercatore della divisione ENEA Sistemi Agroalimentari Sostenibili e coordinatore scientifico del progetto.
Una rete di trappole distribuite nei frutteti della Sabina ha permesso di raccogliere dati settimanali necessari agli agricoltori per intervenire tempestivamente nei cosiddetti hot-spot, limitando così la diffusione delle infestazioni. Le trappole impiegano sostanze come vino rosso, aceto di mele e zucchero per attrarre e catturare il moscerino asiatico Drosophila suzukii oppure specifici mix chimici per la mosca mediterranea della frutta Ceratitis capitata.
“Con questo progetto puntiamo a innovare i modelli di gestione fitosanitaria, introducendo nuove tecnologie, modelli predittivi e strategie di controllo biologico. L’obiettivo è duplice: da un lato aumentare la competitività delle aziende locali, dall’altro ridurre l’impatto ambientale favorendo un uso più consapevole e mirato degli insetticidi da applicare solo quando realmente necessario e in corrispondenza dello stadio più vulnerabile dell’insetto”, aggiunge Calvitti.
I ricercatori del CREA e dell’ENEA hanno sviluppato e testato una trappola IoT a energia solare, dotata di microcamera e sensori di umidità e temperatura, che cattura gli insetti e al tempo stesso invia in tempo reale immagini e dati direttamente all’agricoltore, consentendo un monitoraggio a distanza e un intervento tempestivo. La sperimentazione in campo è prevista nei prossimi mesi presso alcune aziende agricole della Sabina.
Oltre all’aspetto tecnologico, il progetto approfondisce anche il ruolo della biodiversità e delle piante spontanee nella diffusione dei parassiti. L’analisi delle comunità biologiche (biocenosi) presenti nelle aree limitrofe ai campi coltivati ha permesso di individuare alcune specie vegetali, come bacche e more, che nei mesi più freddi offrono rifugio al moscerino asiatico, favorendone la sopravvivenza e la successiva ricomparsa nei frutteti durante la stagione produttiva.
“Con l’intensificarsi degli effetti del cambiamento climatico - che comporta inverni sempre più miti e precipitazioni irregolari - anche il Mediterraneo, e con esso la Sabina, si trovano sempre più esposti all’attacco di insetti e agenti patogeni, spesso alieni, che mettono in seria difficoltà la frutticoltura locale. A ciò si aggiunge l’aggravarsi delle infestazioni già naturalizzate”, sottolinea Elena Lampazzi, ricercatrice del Laboratorio ENEA Agricoltura 4.0.
Oltre alla mosca mediterranea della frutta e al moscerino asiatico, tra le minacce più insidiose per le coltivazioni di frutta, in particolare i ciliegi, si annovera la mosca Rhagoletis cerasi.
“Da non sottovalutare anche la cimice asiatica (Halyomorpha halys), che desta preoccupazione per la sua straordinaria adattabilità e voracità che ha già causato gravi perdite nelle coltivazioni di kiwi, nocciolo, pesco e ciliegio, soprattutto nel nord Italia, ma che oggi costituisce un’emergenza anche per la frutticultura laziale”, sottolinea l’entomologo ENEA Raffaele Sasso.
Altro fronte innovativo del progetto è la selezione di cultivar di ciliegio e pesco meno appetibili per i fitofagi. “Abbiamo testato in laboratorio e sul campo diverse varietà per misurare il livello di attrattività e resistenza agli attacchi, tenendo conto di parametri come maturazione, acidità, zuccheri e colore della buccia”, sottolinea Sergio Musmeci, ricercatore del Laboratorio ENEA Agricoltura 4.0, Il progetto ha previsto anche la pubblicazione di bollettini settimanali che offrono aggiornamenti sull’andamento delle infestazioni, condizioni meteo e suggerimenti tecnici sui trattamenti fitosanitari da adottare, privilegiando i prodotti a basso impatto.
Il 70% dell’intera produzione di frutta del Lazio viene dalla Sabina, dove il tessuto produttivo è costituito principalmente da aziende medio-piccole, operative soprattutto nella cerasicoltura, che applicano un controllo fitosanitario basato sull’impiego calendarizzato di pesticidi ad ampio spettro. “Grazie al progetto Simodrofila la Sabina Romana si presenta oggi come un laboratorio a cielo aperto dove agricoltura, ricerca e innovazione lavorano fianco a fianco per costruire un modello di produzione agricola più sostenibile e moderno senza rischi per l’ambiente e la salute dei consumatori. Un modello replicabile in altri territori italiani”, conclude Maurizio Calvitti.
Per contenere la diffusione di moscerino e cimice asiatici, lo scorso anno è stato avviato il rilascio controllato di insetti antagonisti non dannosi per la frutta, in modo da ridurre l’utilizzo di agrofarmaci.